Servono piedi ben piantati in terra nel raccontarsi online, nel farlo per dare lustro al proprio lavoro. Soprattutto se sei una piccola impresa o un freelance.
Tanto avrai sentito parlare di storytelling, tanto la fulgida bellezza dei grandi brand – quelli presi a paradigma del marketing – avranno riempito i tuoi sensi che, nel narrarti, potresti scordare chi sei: belli, patinati, proprio come loro vorremmo che il mercato ci percepisse, e come loro verrebbe da rappresentarsi. Anche noi patinati e perfetti.
Ma la perfezione non è attributo dell’essere umano: la natura ci ha resi unici, vulnerabili, erranti. E non è qualità di una piccola impresa, la cui anima è espressione della somma di valori, esperienze, virtù degli individui.
Ragione per cui, nel dare forma alla narrazione del proprio brand, nel farlo secondo i metodi del digital marketing a cui altre volte ho fatto riferimento in questo blog, raccomando un piccolo sforzo che aiuti ad acquisire la piena consapevolezza di ciò che siamo.
È un momento fondamentale quello dell’imparare a riconoscere le caratteristiche del nostro essere professionisti e precede l’organizzazione della strategia.
La fase del discernimento ci restituisce una chiara visione della nostra unicità sul mercato. In altre parole ci aiuta a guardare a noi stessi con obiettività, la stessa con la quale i nostri clienti ci vedono e per la quale ci hanno preferiti ad altri.
Il nostro cliente fidelizzato – ogni impresa ne ha – è quello che ha soppesato i nostri pregi e difetti, tirato le somme e dedotto che lavorare con noi soddisfa le sue necessità: per ogni cliente che trova in noi una scelta appagante, tanti altri potrebbero essercene. Se solo sapessero quanto e come potremmo fare al caso loro.
Serve una narrazione autentica di ciò che siamo per arrivare al nostro pubblico migliore, quello più affine a noi.
Un esercizio per trovare la nostra unicità
Per portare online una presenza autentica di noi, chiediamoci quali siano i nostri elementi distintivi e quale impatto abbiano nella vita dei nostri clienti.

Nel libro Raccontarsi online (edito da Hoepli) suggerisco la tecnica dei “Perché”: hai presente quella fase della vita del bambino in cui fa tante domande? Inizia attorno ai 2-3 anni, quando comincia conoscere il mondo che lo circonda. Tutto quello che incontra colpisce il suo interesse, lo meraviglia. Pretende di saperne di più.
- Papà, perché la mela è rossa?
- È rossa perché è matura.
- Perché è matura?
- Perché è stata sull’albero, baciata dal sole.
- Perché sull’albero?
- Perché quella è la sua casa.
- …
La spirale dei perché a cui il bimbo sottopone il genitore spinge il ragionamento sempre più in profondità. Chiedersi perché, il senso, le conseguenze del nostro essere impresa, ci porta a trovare i tratti davvero differenzianti. Da essi derivano i benefici per il cliente, il vero vantaggio del rapportarsi con noi.
Immagina di essere un produttore di zanzariere e conversare con un bambino:
- Produco zanzariere.
- Perché le produci?
- Per tenere zanzare e insetti fuori casa.
- Perché tenere zanzare e insetti fuori casa?
- Per proteggere da un fastidio le persone che ci abitano.
- Perché proteggere le persone?
- Perché vivano con serenità nella loro casa.
- Perché?
- Perché possano dedicarsi alle cose che più amano fare: leggere un libro, guardare la tv, o anche solo riposare.
- Perché?
- Perché siano più riposate, appagate e felici.
- …
Un principio rilevante emerge da questo esercizio e ormai l’avrai colto: scavando a fondo scopriamo che le persone non acquistano prodotti o servizi, ma la trasformazione che essi portano nelle loro vite.
Il cambiamento è ciò che il nostro cliente cerca e per cui prende decisioni d’acquisto.
Dovremmo quindi preoccuparci del raccontare il nostro modo di portare cambiamento, quel modo squisitamente unico che emerge dai “perché” dell’esercizio: è il nostro patrimonio, il frutto di esperienze, solo nostre, che ci hanno portati ad essere ciò che siamo. E che i nostri clienti – quelli fidelizzati – hanno già imparato ad apprezzare.
I perché sono la stella polare del nostro essere impresa, le domande da cui partire.
Foto Credit: Brett Jordan e Jac Alexandru
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